L’UMANITÀ AL CONFINE

A cura di Lucrezia Pia Iacuzio e Giusy Esposito

Sul social conosciuto ormai da tutti come X, Elon Musk ha annunciato circa 2 mesi fa che è stato impiantato il primo esemplare di Telepathy grazie al sostegno dell’azienda biomedica Neuralink, con sede in California dal 2016.

Ma di cosa si tratta nello specifico? Telepathy è un microchip formato da 64 filamenti più sottili di un capello connessi a un guscio chiamato link che trasforma gli impulsi nervosi in codice binario letto da un computer esterno. L’obiettivo è quello di curare malattie che non permettono all’uomo di muoversi liberamente come la SLA o il morbo di Parkinson. Ci pensate se un grande genio come Stephen Hawking avesse potuto usare nel pieno delle sue funzionalità non solo la mente, ma anche il corpo?

Per ora il paziente usato come cavia si sta riprendendo nel migliore dei modi ed è già riuscito a comandare con il solo pensiero un mouse senza muovere un dito. Uno degli intenti primari, infatti, è quello di poter muovere attrezzature apposite per problemi motori come le carrozzine elettriche solo con il pensiero in modo da rendere più indipendente la vita di tutti i giorni anche alle persone con disabilità motorie.

Ma l’ambizione di Musk non si ferma qui: non solo vuole provare ad amplificare le capacità umane, ma anche rendere questa idea un business con costi piuttosto accessibili di circa 40mila euro (di cui solo 10mila servono per i costi di produzione), che ha subito critiche dai suoi stessi collaboratori dell’Open AI Brockman e Altman a cui Elon Musk ha fatto causa.

Tralasciando le malattie motorie, il rischio più alto è che l’uomo si abitui alla presenza di tale tecnologia e inizi a sfruttarla anche per le azioni più semplici, tra cui guidare l’auto. Ci si dovrebbe chiedere poi quale sia il confine tra umanità e intelligenza artificiale, una creazione dell’uomo per facilitarlo o per renderlo sempre più debole e pigro? Lo vediamo anche nell’uso di tecnologie come Alexa che ci hanno già tolto l’incombenza delle azioni più semplici come accendere la luce, ma anche la curiosità di scoprire il mondo in quanto basta fare una domanda per avere una risposta che i più considerano immediata ed esaustiva. Lo vediamo con il fenomeno di chat gpt che sempre più preoccupa i docenti nelle scuole, che correggono compiti perfetti creati da un’intelligenza artificiale e che hanno sempre meno del pensiero critico e delle emozioni di uno studente. Ma davvero le emozioni, le passioni, la curiosità, sentimenti così genuini, possono essere sostituiti e resi allo stesso modo da una macchina? Inoltre, si dovrebbe pensare anche alla creazione di una branca del diritto che regoli l’utilizzo dell’AI per fare in modo che l’identità umana e tutte le sue caratteristiche non siano sopraffatte né vadano irrimediabilmente perdute, perché una bella chiacchierata con gli amici, una lezione di un professore davvero appassionato, un’opera d’arte dirompente o uno spettacolo teatrale emozionante non potranno mai essere sostituiti da una macchina.

 

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