SAUL: VITTORIO ALFIERI (1782)

Saul, protagonista dell’omonima tragedia, fu il personaggio che Vittorio Alfieri tenne più a cuore, perché “in esso – come scrive in una lettera – vi è di tutto, tutto assolutamente”. La tragedia fu ideata, stesa, verseggiata in soli quattro mesi e naturalmente, come altri testi dell’autore, si allontana alle volte dalla sua fonte biblica (1Sam). Ciononostante la combattuta umanità di Saul, soprattutto nella confessione in apertura del secondo atto, costituisce uno dei vertici di tutta la poesia alfieriana. I versi raggiungono la loro apoteosi patica quando si impenna l’allucinata drammaticità regale di Saul che, abbandonato persino dai figli, precipita nel baratro di una solitudine sconfinata e priva di luce.

Ma un altro prode guerriero, Davide, figlio di Iesse, il fanciullo che un tempo pasceva le pecore, che, scelto da Dio e unto da Samuele, vinse trionfalmente sull’energumeno Golia, soldato del campo dei nemici Filistei, pur riuscendo col suo canto a placare la mente obnubilata del vecchio re di Israele, assurge per Saul a oggetto privilegiato della sua “sublime follia”. Egli così descrive la notte in cui è precipitato l’animo lacerato del fier Saulle, la cui forza, nel più intimo duello con la trascendenza, tesa ad affermare la propria grandezza titanica, nulla potette sovvertire o alterare della sempiterna e adamantina potenza dell’Onnipossente Iddio:

[…] Ma Saúl, ben veggio,
Non è in se stesso, or da gran tempo: in preda
Iddio lo lascia a un empio spirto: oh cielo!
Miseri noi! che siam, se Iddio ci lascia?

Ahi misero Saùl! se in te non torni,
Sovra il tuo capo altissima ira pende.

Vittorio Alfieri, Saul: Atto primo, Scena prima, vv. 17-20; Ivi, Scena seconda, vv. 156-157.

 

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